Alla
fine del 1965, Adriano Celentano non è nel suo periodo migliore.
Le sue ultime canzoni, quelle della svolta religiosa concordata
con il suo confessore Padre Ugolino, faticano a contrastare l'avanzata
dei Beatles, dei Rolling Stones e di chi ne segue la scia sotto
le insegne di quel nuovo verbo 'beat' che Adriano non fa mistero
di detestare ('Tre passi avanti', 1967). Come se non bastasse, il
primo film da lui girato, 'Super rapina a Milano', si rivela un
fiasco. "Sono durato sei anni: non me l'aspettavo nemmeno.
Sapevo che prima o poi sarebbe finita", filosofeggia Adriano,
che si consola con la nascita di Rosita e la sua nuova casa nell'elegante
quartiere milanese della Maggiolina.
Ma dal punto di vista discografico, gli rimane una carta importante
da giocare per sé e per gli artisti della sua etichetta:
Sanremo. Inizialmente, il fido Luciano Beretta gli sottopone una
canzone scritta con Pace e Panzeri, intitolata 'Nessuno mi può
giudicare'. Ma Celentano decide che sa troppo di 'beat', e dopo
aver meditato sull'eventualità di subappaltarla ad altri
componenti del Clan (compreso Teo Teocoli), la scarta definitivamente.
Visto che comunque una svolta stilistica si impone, piuttosto che
tentare la sorte con il beat preferisce ispirarsi all'altro grande
fenomeno dell'epoca, il folk-rock che il giovane Bob Dylan, chitarra
alla mano, sta utilizzando per parlare all'America di questioni
sociali. Celentano decide di ispirarsi a lui, mescolando sapientemente
la propria autobiografia con il senso di disagio per l'urbanizzazione
e il progresso che avanzano schiacciando ogni cosa - l'erba, ma
anche un modo di vivere, come intuisce Beretta, un cantore della
milanesità che forse non ha avuto i riconoscimenti che meritava.
Il cantante si presenta a Sanremo da imperatore: manca da 5 anni,
durante i quali è diventato, tra le altre cose, un discografico.
Si fa accompagnare da 50 persone: i Ribelli, dei quali impone la
partecipazione alla kermesse, i funzionari della sua casa discografica,
mogli, fidanzate, amici: il suo entourage occupa un intero vagone
ferroviario e un intero piano di un albergo di Arma di Taggia. Tale
atteggiamento non gli guadagna simpatie nell'ambiente musicale.
E questo è uno dei motivi - unito all'infelice esibizione
del Trio Clan - per cui 'Il ragazzo della via Gluck' viene clamorosamente
bocciata dalla giuria subito dopo la prima serata. Di fronte a tale
verdetto, il Clan è sotto choc: Celentano abbozza con un
mezzo sorriso, ma anche l'opinione pubblica è colpita dalla
caduta del divo - peraltro, la giuria di giornalisti che ha la chance
di ripescare due brani tra quelli eliminati, preferisce salvare
'Se tu non fossi qui' di Peppino Gagliardi e 'Così come viene'
di Remo Germani.
"
E va bene, non è mica morto nessuno. Non credo
che sono finito", commenta Adriano. Forse nemmeno lui si aspetta
quello che gli riserverà la hit-parade, anche perché
le prime notizie non sono esaltanti. Infatti, il 5 febbraio, 'Dio
come ti amo' è al n.1 come di prammatica per una vincitrice
del Festival. 'Il ragazzo della via Gluck' è terza, alle
spalle di 'Io ti darò di più' (Ornella Vanoni). Una
settimana dopo, il brano perde terreno: mentre 'Nessuno mi può
giudicare' conquista la vetta, il pezzo di Celentano è settimo.
E intanto che per Caterina Caselli il consenso dilaga immediato,
per il manifesto 'verde' del Molleggiato l'entusiasmo rimane contenuto
per un mese, e si sostanzia in posizioni non elevate. Dopo di che,
dal 12 marzo e fino al 23 aprile, i due brani firmati da Luciano
Beretta si ritrovano ad occupare in tandem le prime due posizioni.
Solo alla fine di aprile i "nemici" Beatles ruberanno
ad Adriano il n.2 (e la settimana dopo il n.1 a Caterina) grazie
a 'Michelle'. Ma entrambi i brani, sia quello rifiutato che quello
interpretato da Celentano, venderanno più di un milione di
copie.
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