
1967,
Mogol - G.Brooker - K.Reid, Ed. Aromando
-
Da Bach ai Dik Dik (passando per Mogol) -
"Ad ogni concerto, dovevamo eseguire il
brano un numero esagerato di volte; la gente, come impazzita, non si
stancava mai di chiedercela ed ascoltarla. Una volta in Puglia, a Campo
Marino, durante un concerto, battemmo ogni record, suonandola per ben
undici volte".
(Pietruccio Montalbetti)
L'Italia degli anni '60 era piuttosto diffidente nei confronti dei complessi
e della musica pop straniera. Si può dire che molti gruppi fecero
da 'ponte' tra il paese del bel canto e le tendenze in auge oltreconfine.
Equipe 84, Camaleonti (che ripresero 'Homburg', sempre dei Procol Harum)
e Dik Dik si segnalarono per la cura con cui sceglievano successi internazionali
e li importavano in Italia. I Dik Dik in particolare avevano cominciato
con '1-2-3' di Len Barry, per poi ottenere un successo travolgente nel
1966 con 'Sognando la California' - ovvero 'California dreamin' dei
Mama's & Papa's. Nella primavera 1967, racconta Pietruccio Montalbani
nel sito ufficiale www.dikdik.it,
"Ero in un bar e stavo gustandomi una granita al cocco, quando
entrò una coppietta che, dopo aver preso un cono gelato, si avvicinò
al juke-box. Vi introdussero una monetina e, dopo qualche secondo, ne
uscì una musica che non avevo mai sentito. Eppure ero appassionato
di musica, era anche il mio mestiere tenermi aggiornato. Il disco attirò
la mia attenzione e mi dimenticai della granita, che si sciolse. Non
riuscivo a credere d'aver trovato qualcosa di più melodioso ed
intrigante di questo disco. La sua melodia era coadiuvata da un fraseggio
di organo Hammond che ricordava molto la musica di Bach, creando qualcosa
che stava tra il classico e il moderno, una musica suggestiva. Chiesi
al proprietario dove l'avesse trovato, mi rispose che era un disco appena
uscito in Inghilterra, da lui comperato durante il suo ultimo viaggio
a Londra. Vani furono i tentativi di farmi dare quel disco; era l'unica
copia che aveva e non voleva privarsene, e credo che, forse, in quel
momento fosse l'unica copia esistente in Italia.
"Mi attaccai immediatamente al telefono e parlai con Mogol, gli
dissi della scoperta e lo feci con tanto entusiasmo da convincerlo a
mandare, al più presto, qualcuno a Lugano per rintracciare quel
disco. Addirittura in una tappa del Cantagiro '67 che passava nei pressi
di Chiavari, convinsi i miei compagni a fare una deviazione per poter
ascoltare il brano dei Procol Harum; desideravo che tutto il gruppo
potesse giudicare la mia scoperta. All'unanimità ci convincemmo
che quello avrebbe dovuto essere il nostro prossimo disco, ci sentimmo
euforici già solo all'idea. Alla fine del Cantagiro ci ritrovammo
negli studi, immersi nella calura estiva milanese, e dopo aver ascoltato
infinite volte quella musica, averla studiata a fondo, entrammo negli
studi di registrazione; alla fine, felici e stremati incidemmo 'Senza
luce'. La presenza di Lucio Battisti fu preziosa; riprodurre il suono
dell'organo, che rappresentava la carta vincente, non era certo facile
con i limitati mezzi tecnici a nostra disposizione. L'inventiva di Lucio,
però, non aveva limiti, riuscì con uno stratagemma ad
ottenere la medesima sonorità; avevamo l'organo Hammond ma ci
mancava il leslie - il nome 'leslie' per i non addetti ai lavori era
impossibile da indovinarsi, invece era un semplice cassone di legno
con inseriti degli altoparlanti. Questi, girando su un perno mosso da
un motore, creavano la sensazione del suono che, per intenderci, potrei
definire quadrifonico. In mancanza del leslie, si ottenne l'effetto
voluto agitando dei fogli di cartone davanti alla fonte del suono
tutto, allora, era frutto di invenzione e sperimentazione".
Sperimentazione che, per quanto riguarda il testo, Mogol decise di evitare,
apportando dei cambiamenti al testo originale. Pur partendo da un'esperienza
alcoolica (quella di un uomo che cerca il suo coraggio nella bottiglia),
preferì mantenersi sul tracciato più sicuro della canzone
d'amore senza imitare le enigmatiche visioni del suo collega inglese
Keith Reid (tra le quali meritano citazione le "sedici vestali
vergini" citate come esempio di assurdità pop nel celebre
film "The Commitments").
Tuttavia, ricorda Montalbetti, "Venimmo a sapere che il nostro
disco 'bomba' era stato scoperto anche da Fausto Leali e Wess. La faccenda
si stava complicando, avremmo potuto perdere l'occasione. Ma grazie
a Mogol e ad un piccolo gioco delle tre carte riuscimmo ad avere un
lieve vantaggio sulla sua uscita: il disco arrivò, in tutti i
negozi d'Italia, il 20 di agosto. Nel giro di pochi giorni divenne la
canzone più gettonata e la più venduta in Italia".
Vale la pena di ricordare anche la canzone sul lato B, 'Guardo te e
vedo mio figlio'. Come già accaduto per il lato B di '1-2-3'
('Se rimani con me') il gruppo dà spazio a Lucio Battisti, non
ancora affermato in veste di cantante, ma da un paio di anni collaboratore
dei Dik Dik. Battisti firma il pezzo con Mogol e ne cura arrangiamento
e registrazione.