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L'aiuto del "vecchio" Latilla -
La spregiudicatezza musicale e personale del cantante
torinese inquietò la Rai dell'epoca: non va dimenticato che nel
1955 Sanremo aveva premiato Claudio Villa con "Buongiorno tristezza"
- e l'anno prima la straziante "Tutte le mamme" cantata da
Consolini e Latilla. A partire proprio da "Che bambola", l'ente
di Stato avrebbe accuratamente emarginato le canzoni di Buscaglione.
Ma d'altra parte nemmeno i suoi discografici riuscivano a concepire
come un genere musicale così diverso da quello in voga potesse
interessare al pubblico. Curiosamente, fu l'interprete di alcune tra
le canzoni italiane più melodrammatiche, Gino Latilla (che solo
nel 1954 aveva vinto a Sanremo con "Tutte le mamme") a credere
nel "duro" Fred e a permettere che la sua musica arrivasse
al grande pubblico. Latilla, che aveva inciso un brano di Buscaglione
e Chiosso intitolato "Tchumbala-bey", parlò di lui
al commendator Trinelli, direttore generale della Cetra, appassionato
di musica lirica, non propriamente disposto a digerire le diavolerie
del cantante torinese. "Ma quello lì tutt'al più
è buono per cantare a Porta Palazzo!", esclamò Trinelli.
"Ed io dovrei fargli incidere dei dischi per la mia etichetta?
Latilla, tu sei tutto matto!". Ma Gino insistette ed arrivò
a concludere un contratto capestro che, tuttavia, si rivelò fondamentale
per la carriera di Buscaglione. Le clausole prevedavano che Fred incidesse
qualche motivo per la Cetra, e che Latilla si impegnasse all'acquisto
di almeno duemila copie per ogni 78 giri. Da quel momento il baule dell'auto
dello "sponsor" Latilla si riempì di vinile, tanto
da causargli problemi addirittura con la stradale. "Una sera la
polizia mi fermò perchè avendo la macchina piena di dischi,
i fari anteriori andavano fuori centro e picchiavano in alto".
Grazie al suo aiuto e ai nuovi marchingegni chiamati "juke-box",
"Che bambola" arrivò al pubblico. Che ne acquistò
980.000 copie.