1982, P.Conte, Ed. Sugarmusic/L'alternativa


 



 



"Io non scrivo jazz", ha dichiarato Paolo Conte.

"Il jazz allo stato puro non corrisponde né alla cultura né al nostro linguaggio. Sono un ragazzo del dopoguerra, la generazione degli amanti del jazz. Ho trovato nel jazz una bellissima scuola di armonie e di ritmo, una scuola molto formativa. La musica nordamericana è bellissima, ma non è una buona ragione per lasciarci invadere dalla cultura anglosassone. Che qui, in Europa si scriva del blues mi disturba. Per me il blues è intoccabile".
'Sotto le stelle del jazz' (1984), dunque, pur avendo dato il nome a trasmissioni radiofoniche e festival jazz, non è un brano jazz, ma un brano 'sul' jazz. Non un brano sui jazzisti, ma sugli aspiranti jazzisti, o anche solo su coloro che, nell'Italia provinciale della metà del secolo, sognavano un'America lontana e quasi indecifrabile, vagheggiata fin dall'infanzia. "Mussolini aveva proibito la diffusione della musica americana e del jazz. Però era difficile impedire tutto. Così i grandi classici potevano circolare a patto… di essere eseguiti da orchestre italiane e con titoli italiani: ecco perché 'Saint Louis Blues' diventò 'Tristezze di San Luigi!' I miei, che erano molto giovani e dunque curiosi, appassionati di musica e ghiotti di novità, in barba alla polizia riuscivano a procurarsi dischi o spartiti di musica americana; la decifravano e poi la suonavano in salotto. In questo modo, sono stato nutrito di jazz e di America fin dall'infanzia".