|
Enrico
Ruggeri
|
Nel
1983, la carriera di Enrico Ruggeri è in un momento critico.
Dopo l’uscita, non senza qualche veleno, dal gruppo che lo ha lanciato
(i Decibel, affermatisi con "Contessa" a Sanremo ’80) è reduce
dall’insuccesso del suo primo album solista, "Champagne molotov"
(1981). Inoltre, a livello artistico, il breve ciclone punk che ha sfiorato
marginalmente anche l’Italia e ha dato impulso alle prime prove di Ruggeri,
è ormai un ricordo. Il pubblico e soprattutto le radio si sono gettati
sulle nuove sonorità elettroniche, che spesso mascherano con i nuovi strumenti
spunti musicali piuttosto scontati.
In questo scenario, un brano come "Polvere" spicca, nella programmazione
radiofonica di quel periodo, per lo spessore del testo e l’utilizzo non
banale di batteria elettronica e sintetizzatori. La canzone darà il titolo
a un album tra i più coerenti del periodo, nel quale risulta evidente
che Ruggeri è in sintonia con gruppi che cercano di mescolare pop ed elettronica
in modo più nobile, come ad esempio gli Ultravox.
In seguito il cantante prenderà le distanze dalla canzone, definendola
"Il brano più forte, non necessariamente quello più bello del disco".
Ciononostante, "Polvere" resta un brano notevole, una sorta
di "risposta" italiana (e d’autore) al synth-pop britannico
di quegli anni, caratterizzato da un elevato utilizzo di tastiere elettroniche
e sintetizzatori e rappresentato ad esempio da Depeche Mode e Tears
For Fears.
La sua perdurante influenza è testimoniata dal fatto che il gruppo
hip-hop ATPC ne ha fatto un campionamento per un loro brano, a 15 anni
di distanza dall'uscita.
|