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Sandro Giacobbe


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Dopo
alcuni anni di gavetta nei locali della Liguria come cantante e bassista,
nel 1972 Sandro Giacobbe aveva ottenuto un contratto discografico e scritto
per Johnny Dorelli "L'amore è una gran cosa", sigla del
popolarissimo programma radiofonico "Gran Varietà".
Nel 1973, come racconta lui stesso, "venne il momento di fare un
primo lavoro importante. Visto che avevo già pronti dei pezzi per
i quali avevo scritto la musica, il direttore artistico della casa discografica
Alfredo Cerruti mi affiancò Daniele Pace, che all'epoca veniva
da una serie di successi - da 'Nessuno mi può giudicare' a 'La
pioggia'
Tra le varie idee su cui ci mettemmo a lavorare c'era quella
di una mia passata passione per la signora sposata del titolo".
Anni prima infatti il giovane Giacobbe era solito incontrare, sull'autobus
che prendeva per andare in centro, una donna di 38-40 anni elegante, molto
bella e sposata. Trovato il coraggio di rivolgerle la parola, aveva avviato
con lei un'amicizia trasformatasi poi in qualcosa di più, per quanto
di breve durata. Peraltro, a distanza di tre anni da tale idillio, il
cantante era ancora invaghito della donna, tanto da proporre al paroliere
Pace tale spunto per la sua prima canzone. "Lui ne fu entusiasta,
forse perché il pezzo univa un argomento insolito a un nuovo modo
di scrivere canzoni
Fino a quel momento i cantautori avevano seguito
un certo modo di scrivere più melodico, tradizionale; penso che
la linea che stavo seguendo io fosse un po' particolare, più pop,
con qualche affinità con Baglioni e Cocciante che cominciavano
proprio in quel periodo.
"Alfredo Cerruti, che aveva deciso di puntare su energie fresche,
decise che anche l'arrangiatore del brano sarebbe stato un ragazzo alla
prima prova importante: Danilo Vaona, che poco tempo dopo divenne l'arrangiatore
di Raffaella Carrà. Alla chitarra si mise Giampiero Felisatti,
che l'anno dopo scrisse 'Bellissima' per la Bertè; al basso c'era
Luigi Cappellotto e alla batteria, Gianni D'Aquila, che oggi dirige una
big band... Insomma, quel lavoro fu una sorta di battesimo, non solo per
me. Incidemmo il pezzo nell'inverno tra il 73 e il 74; il disco fu pubblicato
nel marzo '74, ed accompagnato da una sola apparizione televisiva, nell'unico
programma specializzato di quel tempo, 'Adesso musica'. Fu un grandissimo
successo, come capimmo dalle prenotazioni del giorno dopo: 15-20.000 ordini
giornalieri per tre mesi. La canzone fu inclusa tra le partecipanti al
Festivalbar ed io fui proclamato 'Rivelazione dell'anno'".
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Quell'anno
il Festivalbar fu vinto da Claudio Baglioni, con "E tu
".
Giacobbe però vinse il Disco Estate grazie a Gianni Nazzaro, che
aveva interpretato la sua "Questo sì che è amore".
Dopo il successo del 45 giri, venne il momento di pensare al long-playing.
"Con Cerruti e Pace decidemmo di portare avanti le altre canzoni
del mio primo album in modo che diventasse una sorta di film, raccontando
una storia che partiva proprio da 'Signora mia', che fu il titolo e il
brano di apertura del 33 giri. La conclusione si intitolava 'Signora addio':
insomma, ne venne fuori un concept-album come usava a quei tempi, sia
da parte dei gruppi inglesi tipo Genesis, sia da parte degli italiani
come appunto Baglioni o PFM.
"Negli anni successivi, io e Pace continuammo ad esplorare il filone
di queste storie d'amore tormentate: se vogliamo, 'Gli occhi di tua madre'
discende da 'Signora mia'. Che anche per questo è la mia più
grande soddisfazione in campo musicale: anche se 'Gli occhi di tua madre'
ha avuto un successo enorme, la risposta del pubblico davanti a 'Signora
mia', il vedere per la prima volta come qualcosa che avevo fatto poteva
piacere ed entrare a far parte della vita di altri, è stato indimenticabile".
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