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Il
1957 è probabilmente l'anno della definitiva incoronazione di Claudio
Villa alla carica di "reuccio" della canzone italiana.
Il 28enne tenore leggero di Trastevere, Roma, ha al suo attivo una sola
partecipazione a Sanremo, quella del 1955, completamente dominata (primo
posto con "Buongiorno tristezza" e secondo con "Il torrente").
Dopo aver saltato l'edizione del 1956 si presenta più agguerrito
che mai per l'edizione del '57, nella quale interpreta "Chiesetta
solitaria", "Cancello tra le rose", "Usignolo",
"Ondamarina" e "Corde della mia chitarra". Tutte canzoni
melanconiche e struggenti - ma il personaggio Villa è di tutt'altra
pasta.
Scrive
Marcello Giannotti in "Fermate quel festival!" (Editore Tarab);
"Villa viene accusato dapprima di aver finto un inciampo sul palco
e poi di aver steccato in modo clamoroso durante 'Cancello tra le rose'.
Soprattutto questo secondo infortunio scatena la reazione di tutti gli
avversari che in Villa vedono il simbolo di uno strapotere difficile da
sopportare: giornalisti, spettatori e osservatori si inviperiscono e Villa
viene fischiato sonoramente dopo l'esibizione". Dalla platea qualcuno
grida "Viva Consolini!", inneggiando al rivale più accreditato.
Il reuccio si indigna e il giorno dopo, nel corso di una conferenza stampa,
fornisce quello che verrà ricordato come il 'discorso del piedistallo':
'Giunto alle più alte sfere della popolarità, ho provato
a piegarmi dall'alto del piedistallo su cui mi hanno fatto assidere. Ho
voluto guardarmi intorno e guardare negli occhi di queste ragazzine romantiche
che palpitano davanti alle mie fotografie. Stabilire un contatto che riveli
a tutti gli ammiratori della mia voce che dietro questa voce c'è
una persona che ama, soffre e lotta. (
) Claudio Villa non intende
lasciare i suoi ammiratori come miseri mortali in adorazione del divo
prediletto".
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