1940, R.Morbelli - L.Astore, Ed. Suvini Zerboni



Alberto Rabagliati


Rosemary Clooney
nella copertina della
versione americana

 

Nel 1940 non c'è dubbio su chi sia il divo per eccellenza della canzone italiana: è Alberto Rabagliati, il 31enne milanese che voleva diventare il nuovo Rodolfo Valentino.

Avendo vinto (superando 800mila candidati) un concorso indetto dalla Fox per trovare un erede allo scomparso Rodolfo Valentino, era stato invitato a Hollywood, dove non era riuscito a coronare il suo sogno di attore - ma aveva avuto l'occasione di conoscere da vicino i grandi interpreti dello swing americano, esperienza decisiva nel formare il suo stile vocale. Questa influenza lo aveva reso prezioso per il direttore d'orchestra Pippo Barzizza, impegnato nella difficile impresa di importare i ritmi jazz in Italia, e sempre in cerca di voci italiane in grado di interpretare adeguatamente canzoni sincopate (stando a Barzizza, "I cantanti sulla piazza all'epoca erano certamente dei professionisti, ma soprattutto le voci erano tutte della scuola dell'operetta"). Rabagliati aveva debuttato nella sua Orchestra Blue Star, per poi ripartire - stavolta con destinazione Parigi. Al suo secondo ritorno in Italia, alla fine degli anni '30, tornò a lavorare con Barzizza - ottenendo una popolarità immensa.

Come scrive Felice Liperi ("Storia della canzone italiana", Edizioni Rai-Eri) "Rabagliati possiede un'intonazione molto gradevole e soprattutto versatile; è cioè in grado di passare dallo scat, il tipico canto jazz ('La scuola del ritmo') alla canzone sudamericana ('Maria la O', 'Princesita', 'Estrellita', 'Maria Bonita'), dalla canzone melodica all'italiana ('Violette', 'Mattinata fiorentina', 'Sposi') allo swing ('Ba ba baciami piccina', 'Quando canta Rabagliati') ai grandi classici ('Ma l'amore no', 'Silenzioso slow', 'Tu musica divina'). La sua popolarità è stata enorme grazie al fatto che ha saputo utilizzare con classe tutti i mezzi di comunicazione: dalla radio alla rivista, dalla grande orchestra al recital. Il successo gli ha permesso di esprimersi liberamente in uno stile considerato 'nemico' dal regime fascista: lo stile vocale americano, basato fondamentalmente sul ritmo sincopato, a dargli grande notorietà, anche se a questa ha contribuito in modo decisivo il carattere bonario con cui ha sempre trasmesso immediata simpatia e buonumore".

Il "grande Raba", com'è conosciuto in tutta Italia, è dotato forse di minore senso dello swing rispetto al collega Natalino Otto, ma sicuramente più eclettico e carismatico: è protagonista di uno show radiofonico in onda ogni lunedì sera, di numerose pellicole, e persino di una sua canzone ('Quando canta Rabagliati'). Tra i film da lui interpretati, nei quali finisce inevitabilmente per cantare, vanno citati 'Fuga a due voci', 'La scuola dei timidi', 'La vita è bella', 'Stasera niente di nuovo' (che lancia 'Ma l'amore no') e 'Una famiglia impossibile'. E' all'interno di quest'ultimo che fa la sua comparsa nel 1940 (lo stesso anno di 'Silenzioso slow') la celeberrima 'Ba ba baciami piccina', il cui contagioso brio - unito a un fraseggio melodico brillante - conquistò non solo gli italiani, ma anche gli americani. Grazie alla voce di Rosemary Clooney (l'interprete di 'Mambo italiano') il brano di Astore e Morbelli, tradotto in 'Botcha-a-me' dal paroliere Eddie Stanley, nel 1952 andrà al n.2 della classifica americana.