Max, interpretato da De Sica, è in realtà un giornalaio romano., di nome Gianni. Così inizia la storia. Come in ogni classica commedia leggera, alla base della trama ci sono equivoci e fraintendimenti che legano i personaggi ad un gioco paradossale. Infatti: il giornalaio Gianni viene scambiato per il conte Max Varaldo, e la sua decisione è di stare al gioco e tentare di inserirsi nell’alta società. E’ inesperto, spesso “imbranato” nello svolgere i diversi rituali delle feste alle quali i “ricconi”, mai prima frequentati, lo invitano. Max è giovane e simpatico, piace alle donne, e questo è il suo passaporto. Fa la corte a una nobildonna di nome Dalma. Certo, corre grandi rischi, in continuazione. Tutta la vicenda si complica quanto mai perché il giornalaio Gianni vuole pure mantenere aperta una relazione con Noris. E Noris chi è? E’ la cameriera della signora Dalma.

Tutta la vicenda, quindi, è assolutamente intricata.
Si potrebbe pensare che il film, con una storia tanto improbabile da raccontare, scada al livello di scenetta da avanspettacolo. Non è così. Il regista, Mario Camerini, mette in campo una grande abilità; Vittorio De Sica è bravissimo; la sceneggiatura non ha niente da invidiare a quella delle migliori commedie americane. Il finale: Max capisce che è meglio essere Gianni, anche perché quell’alta società che voleva frequentare non è poi tanto alta se di valori umani si tratta.

Nel 1937, quando si gira Il Signor Max, Vittorio De Sica ha alle sue spalle una serie di film che appartengono allo stesso genere. Ma anche esperienze teatrali, e di rivista. Qualche traccia del suo desiderio di fare regia si è già vista. Anzi, De Sica vorrebbe avere una sua compagnia teatrale, con la quale recitare e svolgere la funzione di regista e produttore, sempre mettendo in scena commedie leggere e riviste. Ma non ci riesce, mentre il cinema lo chiama sempre di più. Siamo anche in anni nei quali si sta disegnando un fosco orizzonte: nel 1939 il mondo precipita nel secondo conflitto mondiale. Al suo termine Vittorio De Sica non è più quello del Signor Max.

Tornerà alla commedia alla fine degli anni ’50 con film come Pane, amore e fantasia, e parteciperà, come attore, ad altre pellicole con storie divertenti e di costume, sempre interpretando personaggi con forti caratterizzazioni.

Pensare che il Vittorio De Sica de Il Signor Max, uscito nelle sale italiane nel 1937 (con grande successo), sia lo stesso dei successivi Ladri di biciclette o Sciuscià, è cosa difficile. Questi ultimi sono i film che appartengono al nucleo forte delle opere neorealiste italiane, soggetti drammatici e di forte impegno sociale. Il Signor Max è una brillante commedia nel filone dei cosiddetti film dei “telefoni bianchi” pellicole nelle quali si descrivevano storie di famiglie ricche e/o nobili, nelle cui case i telefoni non erano, appunto, quelli di color nero, comuni, ma bianchi.