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"Enrico
dopo una lunga gavetta è riuscito finalmente ad imporsi alle sue condizioni,
stravolgendo logiche consunte e rifiutando l'idiozia massificata della
musica leggera italiana: chi ha mai usato il termine 'Coup de foudre'
in una canzone di Sanremo?"
(Federico Guglielmi, 'Il Mucchio Selvaggio', 1986) |
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"Amo
l'azzardo e il gioco d'azzardo, anche se non a livello patologico", racconta
Enrico Ruggeri.
"Mi affascinano i leggendari grandi giocatori, la lotta contro la statistica
e la legge dei grandi numeri, lo scontro tra le probabilità matematiche
e l'incognita, l'imprevedibile guizzo della pallina nella roulette. E
poi le superstizioni, i riti, gli occhi febbrili durante l'attesa, la
paura di perdere tutto in un istante, l'incoscienza…una volta mi hanno
spiegato che i giocatori vogliono perdere, perché vincere è una sensazione
effimera, mentre la sconfitta è un destino... Tuttavia io amo molto anche
un gioco fuori moda, ricco di fantasia, di cervello e rischio: gli scacchi".
Per questo motivo, l'album che contiene 'Rien ne va plus' si intitola
'Difesa francese': un riferimento a una tattica scacchistica, ma anche
un omaggio alla Francia "e alla 'difesa' della sua cultura, anche musicale.
A quell'epoca per la nostra discografia essere un cantante italiano pareva
quasi una vergogna. (…) Il francese come lingua ha un suono straordinario,
dolcissimo. In 'Savoir faire' avevo utilizzato un termine francese, cosa
che poi ho rifatto ad esempio in 'Je t'aime', 'La vie en rouge'…il bello
è che non conosco affatto il francese: tutte le espressioni che so, me
le sono giocate nelle canzoni… però conosco la loro cultura e la amo,
mentre non sono entusiasta di quella americana". "'Rien ne va plus' nacque
a casa mia, accostando sensazioni differenti. Azzardo e mistero, colpo
di fulmine, amore, poi l'età e il tempo che passa. Credo che l'inconscio
abbia lavorato di suo, nel senso che leggendola sembra che la morale sia:
l'amore è azzardo, una partita nella quale quasi sempre ti alzi dal tavolo
sconfitto, con le ragazze che invecchiano, e noi con loro. Solo l'arte
ha la capacità di farti vedere una persona sempre giovane - 'Forever young',
come cantava Bob Dylan. Forse per questo 'Rien ne va plus' piace soprattutto
alle donne.
Del resto grazie a questa canzone ho cominciato a riconciliarmi con l'universo
femminile: ho cominciato a tentare di capirlo, non più criticando ma vedendolo
da una nuova prospettiva. 'Rien ne va plus' è stato il primo passo in
direzione di 'Quello che le donne non dicono', una canzone in cui tante
donne si sono identificate".
Nel 1986, con 'Rien ne va plus', Ruggeri si presentò per la terza volta
al Festival della Canzone Italiana. "La situazione a Sanremo era un po'
stantia. Stava esplodendo Eros Ramazzotti, unico giovane ad imporsi quell'anno,
e ricordo che tra i partecipanti c'era anche Zucchero che, con poca fortuna,
propose 'Canzone triste'. Io ero un po' il fiore all'occhiello del festival,
il giovane intellettuale buono per il premio della critica, ma piuttosto
estraneo ai meccanismi della kermesse. Non avrei mai immaginato che l'anno
dopo avrei vinto il Festival, con 'Si può dare di più'. Comunque, accettai
di partecipare anche perché ne avevo bisogno: il mio album 'Tutto scorre',
del 1985, non era andato benissimo. Un po' me lo aspettavo: mancava un
45 giri di impatto, un brano da vetrina. Ma per la mia carriera era stato
un passo indietro. Perciò durante l'inverno mi concentrai sul Festival
di Sanremo in arrivo. Al momento di partecipare ci ritrovammo a scegliere
tra due canzoni: 'Rien ne va plus' e 'Dalla vita in giù'. Racconta Silvio
Crippa, amico e manager di Ruggeri: "Fui io a convincere Enrico a presentare
'Rien ne va plus'. Lui tuttora sostiene che quel pezzo gli avrebbe potuto
dare la popolarità immediata, mentre io lo convinsi che era meglio puntare
sui tempi lunghi, sulla stima della critica, piuttosto che giocarsi tutto
con un pezzo che avrebbe potuto anche passare inosservato. Forse gli eventi
mi hanno dato ragione anche se, come dice lui, non esiste controprova…"
Sul palco del Teatro Ariston, Ruggeri portò anche un pizzico di teatralità.
"Sull'onda del mio trasporto emotivo per la Francia e per Tom Waits, volli
sul palco dei lampioni e due finti clochard - due miei amici che si divertirono
un mondo". Alla fine del brano, il cantante si levò gli occhiali bianchi,
suo tratto distintivo sin dall'esordio, e per la prima volta si fece guardare
negli occhi dal grande pubblico. La sua canzone vinse il Premio della
Critica. Tutto come previsto.
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