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Orietta
Berti
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Di
questo brano, presentato da Orietta Berti nel 1967 a Sanremo (in coppia
con lo storico gruppo francese Les Compagnons de la Chanson), si è
parlato molto, spesso con disprezzo e accanimento.
Questo perché fu citato nel biglietto d'addio scritto da Luigi
Tenco (o chi per lui, visto che alcuni sostengono che non si trattò
di suicidio) prima di morire: "Faccio questo non perché sono
stanco della vita (tutt'altro), ma come atto di protesta contro un pubblico
che manda in finale una canzone come 'Io tu e le rose' e una commissione
che seleziona 'La rivoluzione'. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno.
Ciao. Luigi".
Mario Luzzatto Fegiz, critico del Corriere della Sera, ha scritto: "'Io
tu e le rose' era un brano melenso, e 'La rivoluzione', cantata da Pettenati
e Pitney, apparteneva al filone finto hippy". Gianni Borgna, in "La
grande evasione" (Savelli Editori, 1978) sparò a zero sul
brano di Pace-Panzeri-Brinniti, "esempio insuperato di canzone alla
melassa", dotata di "un testo insopportabilmente retorico e
decisamente reazionario". Borgna citò una parte del testo
sottolineando in corsivo le parti da lui ritenute più riprovevoli:
"Quando, quando tu respiri accanto a me, solo allora io comprendo
di esser viva (
) Io, tu e le rose, io tu e l'amore, anche se cadesse
il mondo quello stesso giorno noi saremmo là, io, tu e le rose".
Mario Panzeri, autore del brano, rimase molto sconcertato dal gesto del
cantante ligure e dagli attacchi a un genere 'leggero' nel quale credeva
sinceramente, fin dai tempi di 'Pippo non lo sa' e 'La romanina'. Orietta
Berti ha poi affermato: "Mi porto ancora dietro quella tristissima
storia. Non la dimenticherò mai. La stampa scrisse cose bruttissime
anche se gli amici di Tenco, le persone che gli volevano bene, mi hanno
sempre detto che io non c'entravo niente". Michele Straniero, storico
della canzone italiana, ha ridimensionato la questione, sostenendo che
il brano era "una robetta onesta, in fondo non così vomitevole
da lasciarci le penne come fece Tenco per motivi che in fondo gli sfuggirono
- e soprattutto contrapponendole una 'Ciao amore ciao' che, quanto a genialità
espressiva, non stava poi su un piano molto più elevato" (da
"Canta che ti passa - La musica leggera e il mito del successo",
Savelli Editori, 1978)
La Berti, come molti altri perplessa sulla natura del biglietto d'addio,
rammenta anzi di aver ricevuto da Tenco, quel fatale 26 gennaio 1967,
i complimenti "per il mio simpatico valzerino". Probabilmente,
il giudizio più obiettivo.
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