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          "Il 
          successo? Se posso, lo evito".(Don Backy)
 
 
  Don 
          Backy
     
 
 
 | Nel 
        1967 il Festival di Sanremo è atteso come un probabile momento 
        di rottura, almeno parziale, con la tradizione canora italiana: l'anno 
        precedente, Celentano ('Il ragazzo della via Gluck') e Caselli ('Nessuno 
        mi può giudicare') hanno venduto più di mezzo milione di 
        copie, surclassando la canzone vincitrice, 'Dio come ti amo' di Modugno. 
        Il beat detta legge nei gusti dei giovani e pare il momento giusto per 
        scalzare la supremazia della canzone melodica. Imprevedibilmente però, 
        il 1967 - per il livello non eccelso delle canzoni ma soprattutto per 
        lo choc che fa seguito al suicidio di Luigi Tenco - avvia la crisi di 
        Sanremo, che durerà fino agli anni '80. La manifestazione va in 
        porto regolarmente (come dice il vecchio adagio, lo spettacolo deve continuare) 
        ma il gesto estremo del cantautore innesca una serie di polemiche, dubbi 
        (fu davvero un suicidio?), rancori personali e ripensamenti sui meccanismi 
        che governano l'ambiente musicale. 
 Dal punto di vista musicale, specie pensando alla musica di quel periodo 
        (è un anno cruciale per Beatles, Hendrix, Doors, Pink Floyd) l'offerta 
        complessiva è deludente. Grazie soprattutto al contributo di Iva 
        Zanicchi, Claudio Villa ottiene l'agognata quarta vittoria al Festival 
        ('Non pensare a me'); Little Tony ottiene un buon successo con 'Cuore 
        matto', Antoine lancia la marcetta 'Pietre' (che echeggia un brano di 
        Dylan), e i Rokes consolidano il proprio successo con 'Bisogna saper perdere'. 
        Tra le canzoni sopravvissute al tempo vale la pena di segnalare infine 
        la pregevole 'La musica è finita', cantata da Ornella Vanoni, 'Proposta' 
        dei Giganti, e 'L'immensità'.
 
 Quest'ultima è interpretata da Johnny Dorelli e Don Backy. Questi 
        ne è anche coautore e partecipa per la prima volta al Festival: 
        un momento decisivo per la sua carriera. Da anni infatti Aldo Caponi (vero 
        nome del cantante) attende la grande occasione dopo 5 anni al Clan di 
        Celentano, del quale è diventato il cantante più popolare 
        dopo il "lìder maximo". Il brano è firmato insieme 
        a Mogol (nel giro di Celentano dal 1962) e Detto Mariano, l'arrangiatore 
        di fiducia del Clan. Don Backy tuttavia ridimensiona il contributo dei 
        coautori, sostenendo che "Mariano figura come firmatario delle canzoni 
        da me composte e incise, non essendo io (per tutti gli anni '60) iscritto 
        alla Siae come compositore, ma solo nella categoria Autori (paroliere). 
        La necessità di ricuperare diritti d'autore - che altrimenti sarebbero 
        andati perduti - costringeva a usare questo escamotage (praticato anche 
        da altri all'interno del Clan e in generale, in uso in tutto l'ambiente 
        musica leggera). Non ho mai scritto testi per musiche non mie, se non 
        - agli inizi - per interni al Clan: Santercole, Milena, Adriano ('Pregherò') 
        e qualche cover di brani dei Beatles.
 
 Il piazzamento in gara è un onorevole ma non entusiasmante nono 
        posto e molti fanno notare somiglianze sospette con 'Un giorno ti dirò' 
        di Gorni Kramer e soprattutto con 'I put a spell on you', brano degli 
        anni '50 del bluesman Screamin' Jay Hawkins che nel 1966 era stato riportato 
        nelle classifiche inglesi dall'Alan Price Set. Il pubblico comunque apprezza 
        la canzone: nella versione di Johnny Dorelli arriva fino al secondo posto, 
        mentre Don Backy si ferma al quinto. Dopo pochi mesi anche Mina la incide 
        come singolo, e si piazza al n.14. Ha scritto Mario Luzzatto Fegiz, critico 
        del 'Corriere della Sera': "Dopo la lettura melodiosa e sensuale 
        di Johnny Dorelli, e quella più asciutta dell'autore, Don Backy, 
        'L'immensità' tornò alla ribalta nell'interpretazione, vitalistica 
        e squillante, di Mina: sempre pronta a rimediare alle "sviste" 
        delle giurie sanremesi, rilanciando i brani da loro snobbati. (
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        Mina, nel far suo il brano, ne giustifica il titolo con la sua voce svettante: 
        cogliendo quel senso, appunto, di immensità che emana dalla natura, 
        che tramuta le gocce di pioggia in fiori, offre il cielo ai voli delle 
        farfalle e fa sì che nessuno di noi, nell'infinito mistero del 
        cosmo, sia mai solo".
 A ridosso del successo di vendite, la canzone diventa il pretesto per 
        girare il "musicarello" "L'immensità - La ragazza 
        del Paip's" (del regista Oscar De Fina), in verità piuttosto 
        sconnesso e giustificato solo dalla presenza di molti cantanti: oltre 
        a Don Backy (nei panni del protagonista, Dario) sfilano davanti alla macchina 
        da presa Caterina Caselli, Nicola Di Bari, Patty Pravo, Riky Maiocchi 
        e i Motowns.
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