1967, L.Beretta - A.Celentano - M.Del Prete - M.Detto, Ed. Clan




Gino Santercole

"Undicesimo: Amarlido pianta Burgnich: si libera in area e sballa il sinistro; còppet! Ventesimo: angolo di Fortunato: Noletti in corsa, al volo, spara benissimo verso il palo dov'era appostato Sarti, che disinvoltamente si gira e blocca. Per mi, cappell e baston, siora contessa".
(Gianni Brera)

 

 

 

 

"Vaglielo a spiegare, a certa gente, cos'è l'arte e cosa non è, cos'è l'amicizia, e cosa significava essere allo stadio in centomila, quel dì…".
(Adriano Sofri)

Il 22 novembre 1966, il quotidiano milanese Il Giorno forniva alcuni dati sulla partita svoltasi il giorno prima allo stadio di San Siro: "Pomeriggio di lieve foschia, e freddo. Spettatori, circa 75.000, di cui 59.485 paganti lire 115.687.000. Terreno discreto, tenendo conto del clima e dell'usura. Nessun incidente in campo. Angoli: Milan 4, Inter 2. Arbitro, Lo Bello di Siracusa. Risultato: 1-0 per l'Inter (autogol di Maddè al 29' del s.t.)."
Il commento dell'inviato Gianni Brera, già allora principe dei giornalisti sportivi, fotografava la giornata con il consueto stile a metà tra cronaca calcistica e filosofia:
"Ha molta rogna, il Milan: che in lombardo significa scalogna. Ma la scalogna giova a ridar simpatia: e sono convinto che i neutrali hanno sinceramente deplorato abbia perso questo derby. I rilievi critici sull'Inter invece inducono all'ottimismo: difficile che l'Inter riesca a giocare peggio di come gioca ora. Se il Milan l'avesse infilata tre volte, nel primo tempo, nessuno avrebbe potuto adontarsene. Ma il derby si sottrae ad ogni metro comune. Di un derby non si può mai parlare in assoluto. Chi lo guardi senza amor di parte ne resta schifato il più delle volte. E tuttavia lascia segni così profondi nei protagonisti da influire sempre o quasi sempre sulla stagione". (tratto da "Derby!", Baldini & Castoldi)

Non c'è dubbio che tale Milan-Inter abbia lasciato dei segni profondi su Gino Santercole, spingendolo a scrivere per lo zio Adriano, nei mesi successivi, uno dei primi brani a sfondo calcistico della storia della canzone italiana. E' preceduto, innegabilmente, da episodi come 'Che centrattacco' del Quartetto Cetra o 'La partita di pallone' di Rita Pavone (dove in effetti la partita è appena evocata - anzi, forse è solo una scusa del fidanzato fedifrago…). Ma per la prima volta si fanno i nomi delle squadre: "Io dell'Inter, lei del Milan - ma come fa a non ricordare?" e viene evocato il piazzale dietro l'impianto, dove tuttora ferma il tram. E se i "centomila", come prova la cronaca, sono un generoso arrotondamento (anche con l'attuale terzo anello, lo stadio di Milano può contenere circa ottantamila persone), un altro elemento di realismo è dato dal fatto che Celentano è effettivamente un simpatizzante nerazzurro. Forse non è un caso che questa canzone che vede come sfondo uno dei simboli meneghini, ovvero San Siro, segua di pochi mesi un'altra composizione dedicata alla metropoli lombarda - ovviamente stiamo parlando del 'Ragazzo della via Gluck'. Sono gli anni in cui Celentano è ancora molto innamorato di Milano, e si appropria dei suoi luoghi con il desiderio tipico di chi cerca di mettervi radici. Fondamentale in questo senso l'apporto di Luciano Beretta, la cui visione di Milano come una piccola Parigi lo portò a tradurre in dialetto le canzoni di Edith Piaf. E lo stesso vale probabilmente per Santercole, che ha spiegato come il Clan nacque a Milano come "una sorta di continuazione della nostra famiglia meridionale, che abitava in via Gluck. Anche io ed Adriano, pur essendo nati in città, eravamo dei 'terroncini'. Si organizzavano degli 'spettacolini' per noi, con mia mamma, mio padre, la mamma di Adriano e noi piccolini che stavamo ad ascoltare, con la gente affacciata alle finestre - allora si abitava tutti in quelle cosiddette 'case di ringhiera' - quindi il Clan nasce da questo desiderio familiare di fare qualcosa".

Il rapporto tra i due consanguinei (Santercole è figlio della sorella di Adriano) è sempre stato un po' altalenante. "Lui si è dato da fare per uscire dall'anonimato e io sono andato dietro la sua ruota. E di questo gli sono grato. Però poi alla fine non mi ha apprezzato per quello che valevo. Molte delle mie canzoni lo hanno reso famoso ma questo lui non lo ha mai detto. Mi sarebbe bastato un 'bravo Gino'. Ma ora mi manca. Lui per me è stato un segno del cielo. Era l'unico che veniva a trovarmi in collegio, mi portava regali".

'Eravamo in centomila' viene pubblicato nella primavera del 1967, come lato B di 'Tre passi avanti', canzone anti-beat che sorprese i giovani per il tono conservatore che non si aspettavano dal rivoluzionario 'Molleggiato'. Il singolo, peraltro, viene lanciato poche settimane dopo un altro 45 giri contenente 'Torno sui miei passi' e 'La coppia più bella del mondo'. "Ho voluto provare, vedere cosa succede. E vedrai che anche stavolta i fatti mi daranno ragione come sempre", dice il cantante al giornalista Gigi Vesigna. Ma l'impressione è che il capo del Clan non abbia le idee così chiare: durante il Cantagiro estivo, in un clima già burrascoso per la presenza contemporanea di Claudia Mori e Milena Cantù, i fans rimangono disorientati dal fatto che Adriano cambi spesso idea sulla canzone da cantare: pochi minuti prima dello spettacolo ne annuncia una, salvo poi eseguirne un'altra. Alla fine, il pubblico sceglierà 'La coppia più bella del mondo', mandandola al n.1 in classifica. Se vogliamo, 'Eravamo in centomila' risulta un po' penalizzata da questa non diffusissima strategia promozionale, ma ai suoi autori resta la soddisfazione di aver realizzato uno dei "lati B" più conosciuti della discografia italiana.