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In
un'intervista del 1959 a Novella 2000, Celentano tentò di spiegare
la sua fulminea ascesa. "Ho cominciato con le imitazioni. Allora
il rock'n'roll era una novità e se qualcuno lo cantava aveva successo
anche se lo cantava male. Io imitavo Bill Haley per scherzare, con gli
amici, in una sala da ballo in viale Zara. Avevo l'impostazione, ma per
il resto ero tutto squadrato. Ma intanto la voce si spargeva, che io cantavo
il rock'n'roll
".
Il suo primo disco, 'Rip it up', aveva venduto circa millecinquecento
copie sull'onda dell'exploit al Primo Festival Nazionale del Rock'n'Roll,
organizzato da Bruno Dossena al Palazzo del Ghiaccio di Milano (1957).
Le incisioni successive, anch'esse prese a prestito da successi di Elvis
Presley, non erano andate molto meglio. Walter Gurtler, padrone della
etichetta SAAR, cominciava a temere che la giovane promessa del rock italiano
non avrebbe mai sfondato. Fu molto importante l'incontro con Piero Vivarelli,
coautore di 'Il tuo bacio è come un rock': "Adriano era un
po' una mia personale scoperta. Lo volli nel film 'I ragazzi del juke-box',
di cui avevo scritto la sceneggiatura assieme a Ugo Pirro, Vittorio Vighi
e Lucio Fulci che ne era anche il regista. Quando lo chiamammo a Roma,
Celentano aveva inciso per Walter Gurtler alcuni dischi di cui si erano
vendute ben poche copie - ma era indiscutibilmente un personaggio cui
dar credito. Fu proprio per quel film che facemmo insieme 'Il tuo bacio
è come un rock' (la cui musica era stata scritta, sia detto per
inciso, non da Adriano come molti credono ma da suo fratello Alessandro).
Gurtler, bruciato dai 45 giri precedenti, non voleva fargli incidere il
disco e mi toccò supplicarlo in ginocchio. Poi ne vendette oltre
trecentomila copie e fu lì che nacque un mito che ancora dura".
Il boom di Celentano avviene al Festival di Ancona, il 13 luglio 1958.
Come racconta Enrico Simonetta nella biografia 'Celentano' (Baldini &
Castoldi), quella sera d'estate "E' in pieno svolgimento una delle
tante kermesse canore di questo invidiabile paese. Gurtler, che ha convinto
il recalcitrante Adriano a partecipare, attende tremulo tra le quinte
ma già pregusta l'esplosione. La tv trasmette lo spettacolo in
ripresa diretta. Adriano, arrivato in città con la sua Giulietta
carica di amici, è calmissimo. Alle 22 e 50 precise oltre dieci
milioni di telespettatori vengono colti dal più irrefrenabile degli
entusiasmi per lo scatenato giovanotto che prende a chitarrate 'Il tuo
bacio è come un rock'. Adriano stravince il festival e ottiene
anche il secondo posto. Più tardi, con l'amabile sfrontatezza del
trionfatore, dirà che se avesse potuto cantare tre canzoni anziché
due, avrebbe ottenuto anche il terzo. (
) In una settimana 'Il tuo
bacio è come un rock' tocca le trecentomila copie. Da caso milanese,
il giovanotto diventa caso nazionale, il suo volto di mansueto gorilla
è entrato di prepotenza nei bar e nei tinelli di tutta la penisola,
il suo cognome è già familiare. Da quel fatidico tredici
luglio Adriano comincia a ricevere cinquecento lettere al giorno, che
poi aumenteranno. Alla fine del 1959, Federico Fellini lo chiama perché
interpreti se stesso ne 'La dolce vita'".
Sembra che l'Italia non aspetti altro: si ricordi che in pochi mesi è
passata da 'Corde della mia chitarra' di Claudio Villa (1957) a un panorama
che vede scalpitare Renato Carosone, Fred Buscaglione, la giovanissima
e incontenibile Mina, e il trionfatore di Sanremo 1958, 'Mr. Volare' -
ovvero, Domenico Modugno. 'Il tuo bacio è come un rock', come ha
scritto Mario Luzzatto Fegiz sul Corriere della Sera, rappresenta "La
scossa, il brivido, l'esplosione. Sono sessanta travolgenti secondi in
stile fumetto con parole come knock out, shock, swing, ring".
A quanto pare, la canzone ha superato per pura fortuna una serie di ostacoli:
inizialmente era stata esclusa dalle selezioni del festival di Ancona
dal Maestro Gianni Ferrio, che l'aveva giudicata una "canzone squadrata".
Secondo il Dizionario della Canzone Italiana (elleu multimedia), la spiegazione
stava nel fatto che Vivarelli aveva adattato la metrica di un brano inizialmente
intitolato 'Torna a Capri mon amour' in modo da consentire a Celentano
di fare il maggior numero possibile dei suoi movimenti "molleggiati".
In seguito Celentano lavorò ancora con soddisfazione con Fulci
e Vivarelli, e sempre per questioni di baci o di film: "'24.000 baci',
ad esempio, avrebbe in qualche modo dovuto essere inserita nel primo film
ad me diretto, ambientato al Festival del 1960 e intitolato 'Sanremo la
grande sfida'. Un filmetto, devo dirlo, senza capo né coda. Invece
la canzone fu addirittura iscritta al Festival", ha concluso Vivarelli
(da "La grande evasione", a cura di Gianni Borgna, Savelli Editore,
1979).
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