1946, Pinchi - C.A.Rossi, Ed. Melodi





Ernesto Bonino e Duke Ellington

 

 

1945: gli alleati conquistano il Nord Italia e mettono la parola "Fine" a cinque anni di guerra e a più di venti di dittatura.
A quest'ultima, nemmeno la musica è riuscita a sottrarsi: volendo riaffermare i fasti di un Impero tramontato quindici secoli prima, Benito Mussolini aveva tentato di vietare ogni contaminazione con espressioni culturali - e, ovviamente, sonore - che non fossero di italica purezza. Tra queste, il jazz. Ai musicisti italiani che si erano cimentati con tutto ciò che in quel periodo arrivava dall'America, era stato imposto di cambiare titoli e testo delle canzoni (con risultati grotteschi come la celeberrima 'St. Louis blues', divenuta 'Le tristezze di San Luigi'). Ma il contagioso ritmo dello swing era riuscito ad aggirare gli ostacoli: al momento dello sbarco degli alleati, molti italiani erano già stati conquistati dalle dondolanti armonie jazz. Tra questi, molti musicisti che erano diventati abbastanza bravi da comporre canzoni in grado di ben figurare accanto ai brani di Glenn Miller. Carlo Alberto Rossi è tra quei musicisti: tra i suoi brani di evidente matrice jazzistica si ricordano 'Quando piange il ciel', (scritta nel 1939, ben prima della fine della guerra, ma pubblicata nel 1946), il blues 'Louisiana', e 'Luna indiscreta', pezzo forte dell'orchestra di Alberto Semprini, altro maestro innamorato dell'America. Ma soprattutto i due grandi successi del torinese Ernesto Bonino: 'Ti telefono stasera' e 'Conosci mia cugina'.

"In realtà non avevo una passione viscerale per il jazz", racconta Rossi. "Semplicemente, la mia idea era quella di battere nuove strade, trovare idee originali. E mi divertiva usare armonie che in Italia non erano conosciute".
La musica è uno swing in mi bemolle, con un impasto di fiati che porta alla mente le celebri alchimie dell'orchestra di Duke Elligton. Il testo, coi suoi accenni ai cocktail e ai rudimenti di inglese della spigliata cugina, esprime la "voglia d'America" di chi voleva lasciarsi alle spalle la guerra - un cambiamento nella forma, ma non nella sostanza, visto che alla fine la "maschietta" oppone ai corteggiatori il diniego insegnatole dalle mamme e dalle nonne, e "Non c'è niente da far".

"Il problema di quei brani stava nella lingua: se prendevi quelli americani e pensavi di tradurli, sbagliavi di grosso. In italiano venivano proprio male", spiega Rossi. "Allora abbiamo tirato fuori questa canzone, composta come uno swing sul quale abbiamo messo un testo nella nostra lingua. Quando l'ho scritta, l'ho pensata come un vestito per Natalino Otto - un grande: lui e Mina, pur in epoche diverse, sono i veri rappresentanti dell'Italia musicale. Poi il brano è stato ripreso da quei cantanti che volevano fare jazz, tra i quali Ernesto Bonino".