"Ricordo che i miei genitori uscivano senza cenare, andavano e ballavano e ballavano e ballavano. Una notte verso le 10 io e mio fratello siamo andati a spiarli nella balera dove andavano. Ricordo mio padre e mia madre che ballavano stretti. Vestiti di bianco, con la faccia contro la faccia - come erano belli... Stavano ballando 'Vieni, c'è una strada nel bosco…' Mia madre fa: dobbiamo andare - lui risponde 'Non ancora! Voglio ballare MARAMAO !'
(Paolo Villaggio)


       1939, M.C.Consiglio,M.Panzeri, Ed.Melodi

 




Il mandolino

 

"Io non avrei mai sospettato che una canzone come 'Maramao perché sei morto?' potesse procurare dei problemi con la censura".
(Francesco De Gregori)

 

Poca gente si sofferma a riflettere su quanta storia possa trovarsi in una canzone… E certamente, pochissimi sanno quanta ne racchiuda una canzone apparentemente frivola che si intitola 'Maramao perché sei morto'. Tuttavia, questo allegro motivetto entra nella storia di tre secoli differenti.

Andando a ritroso, partiamo dal 1939, anno della morte di Costanzo Ciano, livornese, presidente della Camera dei Fasci e padre di Gian Galeazzo, ministro degli esteri e genero di Mussolini. Poche settimane dopo la sua dipartita, venne pubblicata la canzone: un allegro foxtrot cantato da Maria Jottini con lo swingante sostegno del Trio Lescano, firmato da Mario Panzeri e Mario Consiglio (quest'ultimo, spietato esecutore di un altro simpatico animaletto: il 'Pinguino innamorato' suicidatosi in un pezzo firmato con Rastelli e Casiroli). Il "caso" scoppiò quando a Livorno iniziarono i lavori per edificare un monumento a Ciano: nottetempo, alcuni studenti scrissero sul basamento i versi della canzone. Il capo della censura, Criscuolo, convocò immediatamente Panzeri: le cosiddette "canzoni della fronda", sospette di insinuare l'antifascismo, erano da anni una spina nel fianco di un regime che conosceva bene il valore della propaganda e digeriva a fatica che si ridesse di un certo "Crapa pelada" (Gorni Kramer, 1936). Tuttavia il compositore riuscì a dimostrare che la canzone era stata scritta prima della morte di Ciano. In seguito altre sue canzoni avrebbero avuto problemi con il regime - si veda anche il capitolo su "Mario Panzeri e la censura".

Il fatto è che Panzeri non aveva ripescato una tiritera del tutto innocua. La triste vicenda del gatto Maramao veniva narrata da secoli, e aveva già causato qualche problema, come annotava Vitaliano Brancati in "Ritorno alla censura" (Bompiani): "La notte del 10 febbraio 1831 un povero storpio arrancava per le vie di Roma cantando: Maramao, perché sei morto? Pane e vin non ti mancava, l'insalata avevi all'orto… Subito venne arrestato, sotto l'imputazione di alludere al recente funerale del papa. Ma perché doveva alludere al papa? Quale riferimento poteva esserci fra l'insalata all'orto e i giardini vaticani? Queste domande, prima di noi, se le fece Gioacchino Belli, in uno dei sonetti rimasti inediti sino a pochi anni fa:

Sta in priggione: e perché? perché cantava
ier notte: "Maramao, perché sei morto?"
ebbè? si è morto er papa? e che c'entrava
de dì che cojonassi er su trasporto?
e che! tieneva l'insalata all'orto
er Santo-padre? E che! forse magnava
teste senza merollo: idee brislacche.
dunque puro a canta' ce vo' er consenso
de sti sciabbolonacci a tricchetracche!"

…A questo punto, le origini della canzoncina vanno ricercate nella tradizione. Le possibilità sono due: si dice ad esempio che Maramao derivi da 'Mara maje', ovvero 'Amara me', utilizzato in un canto popolare abruzzese. Si ipotizza altresì che il morto non sia un gatto, ma lo spirito del Carnevale: in alcune località, con la Quaresima gli veniva fatto il funerale con tanto di bara e corteo. Ma forse l'ipotesi più suggestiva è quella che sovrappone la frase "Maramao perché sei morto" al celebre, Cinquecentesco "Maramaldo, tu uccidi un uomo morto!".
Fabrizio Maramaldo, condottiero napoletano, era schierato con i Medici contro l'esercito della Repubblica Fiorentina. Nel 1530, in occasione della battaglia di Gavinana, trafisse a morte un suo prigioniero, ferito e inerme: il capitano Francesco Ferrucci. Motivo di tanta ferocia (e causa del sinonimo di vigliaccheria che accompagna ancor oggi il termine "maramaldo") era un precedente scontro a Volterra, durante il quale, oltre a uccidergli un araldo, Ferrucci prese a irridere il rivale dalle mura della città, storpiando il suo nome in "maramao" e facendo penzolare dei gatti dalle finestre, in modo che miagolassero… Un'ulteriore versione della storia vuole che una volta liberatosi del nemico, Maramaldo sia tornato a Napoli a gozzovigliare e sia stato colto da morte improvvisa, suscitando di conseguenza il commento: "Avevi tutto, donne, cibo…Maramaldo, perché sei morto?"